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venerdì 1 aprile 2011

"Le garanzie bancarie" di Canio Trione (24/03/11)


 Fino a che le banche (italiane e di tutto il mondo)   accantoneranno a garanzia delle loro obbligazioni delle riserve denominate in titoli governativi, la stabilità e la solvibilità del sistema creditizio riposerà non sulla solidità economica delle attività bancarie ma sulla forza giuridica del debitore Stato. Sembra meglio ma è molto peggio.
La bontà e quindi affidabilità degli investimenti realizzati attraverso il sistema bancario, che dovrebbe essere la prima e l’ultima garanzia della solvibilità delle banche, diviene secondaria dato che le banche preferiscono - e sono obbligate in forza del dettato normativo vigente- a detenere titoli pubblici; la forza di questi titoli non risiede nella probabilità di ritorno degli investimenti realizzati dalle banche ma nella cogenza della legge fiscale.
È evidente che il passo verso l’autoritarismo è breve: ogni crisi legittima l’azionamento della leva fiscale per rinforzare la credibilità delle garanzie delle banche (peraltro, come detto, imposte ex lege), appunto, i titoli pubblici. In effetti in ogni crisi passata ogni affidamento internazionale è passato attraverso l’imposizione del risanamento dei conti pubblici; risanamento ritenuto necessario alla restituzione di maggiore credibilità ai suoi titoli. Risanamento che si è realizzato con un rincaro della tassazione per imposizione esplicita delle organizzazioni finanziarie internazionali a ciò deputate istituzionalmente.
Questa situazione porta senza dubbi alla progressiva estensione dello spazio occupato dall’Ente pubblico tendente a totalizzare l’occupazione dell’economia. È altresì evidente che la fragilità del sistema cresce al crescere dello spazio occupato dallo Stato nell’economia. Infatti la fragilità è tanto più grande quanto più piccolo è il Pil creato dalla componente privata dell’economia. Se cioè lo Stato occupa spazi sempre maggiori nella sfera economica, così facendo riduce gli spazi dei privati e quindi la capacità di contribuzione di questi ultimi: riduzione della capacità contributiva che non può essere palliata con maggiore occhiutezza del fisco, nè si può pensare e ritenere che la credibilità del debito pubblico possa essere affidata alla produzione pubblica di beni e servizi: è un non senso.
Quindi questa chiarezza è essenziale in questo momento storico nel quale le fragilità sono molto più estese di quanto la cultura ufficiale non creda e quindi sono fragilità che emergono improvvisamente ed impreviste minando seriamente la sopravvivenza del sistema.
La verità è che la garanzia del sistema del credito è data dalla capacità dell’economia di restituire i debiti contratti e di onorare il servizio del debito. Punto.
Se l’economia privata non è messa in condizione di onorare le sue obbligazioni certamente non potrà farlo lo Stato non solo perché esso non produce tanti beni e servizi da sostituirsi ai privati nel pagamento dei suoi debiti, ma anche perché non potrà estorcere così tanti soldi ai privati con le tasse perché è già nelle premesse che i privati non sono in grado spontaneamente di onorare l’insieme dei loro debiti. Quindi la credibilità del sistema del credito è affidata al livello della domanda, al livello della competitività delle produzioni e al livello dell’imposizione rapportata all’efficienza della spesa pubblica; cioè alla bontà degli investimenti realizzati. La scorciatoia della imposizione fiscale “extra” cioè aggiuntiva rispetto a quella fisiologica inventata per palliare alla mancanza di spontaneo ritorno del debito (e del prezzo del suo servizio) e di spontanea crescita del gettito è una scorciatoia che “fa finta” che il reddito da tassare ci sia anche se non c’è (magari sottolineando la storia del sommerso o dei redditi da attività criminali da stanare o addirittura da confiscare); scorciatoia che non solo non stimola la crescita del reddito e del gettito e la riduzione delle sofferenze e degli incagli, ma, accrescendo il livello di occupazione statale dell’economia, ne ipoteca permanentemente la capacità di reazione e di recupero.
Quindi la credibilità del sistema del credito per superare le attuali fragilità, dovrà essere poggiata su due cose: primo, sulla bontà del portafoglio crediti delle banche stesse che dovrà essere certificato da ente terzo per il bene della banca stessa, per il bene del sistema finanziario e bancario e per il bene dello Stato che, in sé, certamente non è in nessun caso in grado di garantire alcunché sul piano finanziario. In tempi di rating questa operazione è certamente tecnicamente molto facile. Secondo: su una forma di titolo pubblico più affidabile di quello di debito; del quale parleremo un’altra volta.
Il futuro modello di sviluppo non potrà prescindere dal superamento della garanzia pubblica delle obbligazioni contratte dalle banche realizzata attraverso il titolo di debito: continuare così significa demandare allo Stato e ai suoi debiti il compito di pagatore di ultima istanza dell’insieme dei debiti dei privati!!! Una follia mortale per l’Occidente a meno che la maggior parte del Pil non sia realizzato dallo Stato... ma questo è sovietismo, cioè un’altra cosa rispetto a quello che i nostri politici e tutti noi asseriamo di credere.
Fonte: http://www.aziendabari.it/